«Lo scorrere della storia è qualcosa che puoi osservare in modo più profondo nella percezione della paura». Le elezioni in Myanmar dell’8 novembre 2020 avevano portato alla sensazione di essere finalmente liberi dalla paura.
Il golpe militare del primo febbraio 2021 ha spinto a una pulsione di massa a liberarsi dalla paura insufflata con ogni mezzo da Tatmadaw.
Che cosa rimane dunque di quella seduzione arcana, dell’illusione del ciclo della vita così connaturato alla cultura birmana?
Restano le storie di viaggi in quella regione, ma anche ai suoi confini, tra “rifugiati e trafficanti”, di incontri più o meno segreti con esuli politici e oppositori, con personaggi ambigui, sorprendenti, illuminanti che s’intrecciano tra loro, tra tante vite, compresa quella di Massimo Morello. Questo paese, chiamato “L’Occhio del Buddha”, è al centro dello scenario geopolitico indopacifico, e la sua frequentazione assidua rende possibile l’analisi della sua trasformazione in un luogo sempre più sfuggente a ogni logica occidentale creando quel sentimento blue inappagabile di melanconia che spesso sfuma nel rimpianto.
«È un casino che vorremmo capire secondo le nostre logiche e invece lo alimentiamo».